La vraie vie, la vie enfin découverte et éclaircie, la seule vie par conséquent pleinement vécue, c’est la littérature. Cette vie qui, en un sens, habite à chaque instant chez tous les hommes aussi bien que chez l’artiste. Mais ils ne la voient pas, parce qu’ils ne cherchent pas à l’éclaircir. Et ainsi leur passé est encombré d’innombrables clichés qui restent inutiles parce que l’intelligence ne les a pas « développés ». Notre vie ; et aussi la vie des autres ; car le style pour l’écrivain aussi bien que la couleur pour le peintre est une question non de technique mais de vision. Il est la révélation, qui serait impossible par des moyens directs et conscients, de la différence qualitative qu’il y a dans la façon dont nous apparaît le monde, différence qui, s’il n’y avait pas l’art, resterait le secret éternel de chacun. Par l’art seulement nous pouvons sortir de nous, savoir ce que voit un autre de cet univers qui n’est pas le même que le nôtre et dont les paysages nous seraient restés aussi inconnus que ceux qu’il peut y avoir dans la lune. Grâce à l’art, au lieu de voir un seul monde, le nôtre, nous le voyons se multiplier, et autant qu’il y a d’artistes originaux, autant nous avons de mondes à notre disposition, plus différents les uns des autres que ceux qui roulent dans l’infini et, bien des siècles après qu’est éteint le foyer dont il émanait, qu’il s’appelât Rembrandt ou Ver Meer, nous envoient encore leur rayon spécial.

Scrivere sui propri amori è un compito arduo. Poiché siamo implicati non riusciamo a distaccarci e a essere obiettivi, ma ci permettiamo proprio per questo la non oggettività. Per la stessa ragione di aderenza e passione faccio fatica a leggere letteratura sugli autori che amo di più, letteratura sulla letteratura…una delle ragioni che mi hanno fatto allontanare dallo studio scientifico della letteratura, come se per parlare di un’opera pittorica mi mettessi a disegnare qualcosa che la spieghi, niente di più paradossale.

Per questo non ho mai letto un testo critico su Proust, non uno dei migliori scrittori europei, ma LO scrittore. Non sto a sbilanciarmi su cosa amo nella sua scrittura e cosa ha significato per me quell’estate in cui ho letto la Recherche.

Credo che se si ama l’arte in tutte le sue sfaccettature, se si ha sensibilità per le parole, i suoni, gli odori e ci si interroga sulle passioni amorose, sulle fragilità dell’uomo e se si ha sofferto si puo’ capire. Scrivere che solo la letteratura è la vera vita è un’espressione forte che a lungo mi ha accompagnata; l’arte come unica ragione di esistenza e come unica risposta al trascorrere del tempo. La Recherche non è un libro ma un insieme di libri, pubblicati e rivisti dall’autore solo in parte. Iniziare a leggere la Recherche è un’impresa iniziatica, non accessibile a tutti, va detto, per questo alcuni pensano che Proust non sia più attuale, che sia stato uno snob, ecc. Ma quale letteratura è accessibile?

Non voglio dire che non ci siano parti noiose, ma anche qui, cosa è la noia? Le descrizioni possono annoiare, vero. Ma annoia forse il racconto di una lunga battaglia o la descrizione di ciò che passa nello spirito di una persona mentre guarda le nuvole? Mi si potrebbe rispondere che il primo racconto puo’ essere storico mentre l’altro no, si tratta di un’esperienza personale; ebbene, tutta la Recherche, nella sua finzione, è il racconto di un’esperienza, ma è esattamente questo che ne fa un capolavoro. E’ l’esperienza del sentire. In italiano usiamo questo verbo per tutti i sensi: udito, olfatto, gusto, tatto, eccetto per la vista. Inoltre, sentire equivale anche a sentire con il cuore, il percepire. Ecco, Proust ci fa sentire e ci fa sentire vivi. Le sue frasi complesse, a volte ti fanno provare qualcosa di imprevedibile, ti fanno ricordare qualcosa che è in te e forse in chi c’è stato prima di te. Nei manuali Proust è sbrigativamente risolto con il concetto di “memoria involontaria”. Sicuramente si tratta di un elemento affascinante e forse nuovo nella letteratura, ma sicuramente non il più suo. Deriva dalle corrispondenze baudelairiane, dalle sinestesie mallarmeiane, certo, e Proust, anche in questo, è forse l’ultimo erede del simbolismo. La Recherche è la “Ricerca del tempo perduto”. L’ossessione del trascorrere delle ore e degli anni è comune a l’umanità, e ogni pagina della Recherche è un esercizio di resistenza alla morte, alla paura.

Mi sento inadatta a continuare, come inadatto è chiunque voglia scrivere su di lui.

Proust è la letteratura, Proust è la scrittura, Proust ci ha insegnato che solo attraverso l’attività artistica si può provare a ritrovare il tempo perduto. E, se non siamo artisti, possiamo provare a vivere, nel modo più completo possibile, sentendo.

Esattamente 100 anni fa, a Parigi, all’età di 51 anni, ci lasciava Marcel Proust. Gli dedico queste rapide righe scritte di getto in un tristissimo novembre.